I cento passi: differenze tra le versioni

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** Candidatura per il [[David di Donatello per il miglior film|miglior film]] e nel festival di canna(2002)
** Candidatura per il [[David di Donatello per il miglior film|miglior film]]

** Candidatura per il [[David di Donatello per il miglior regista|miglior regista]] a [[Marco Tullio Giordana]]
** Candidatura per il [[David di Donatello per il miglior regista|miglior regista]] a [[Marco Tullio Giordana]]
** Candidatura per il [[David di Donatello per il miglior produttore|miglior produttore]] a [[Fabrizio Mosca]]
** Candidatura per il [[David di Donatello per il miglior produttore|miglior produttore]] a [[Fabrizio Mosca]]

Versione delle 20:04, 31 mag 2018

I cento passi
Lo scontro con il padre
Lingua originaleitaliano, siciliano
Paese di produzioneItalia
Anno
Durata114 min
Generedrammatico, biografico
RegiaMarco Tullio Giordana
SoggettoClaudio Fava, Marco Tullio Giordana, Monica Zapelli
SceneggiaturaClaudio Fava, Marco Tullio Giordana, Monica Zapelli
Casa di produzioneTitti Film, Rai Cinema in collaborazione con TELE+
Distribuzione in italianoIstituto Luce
FotografiaRoberto Forza
MontaggioRoberto Missiroli
Effetti specialiTiberio Angeloni, Franco Galiano, Giancarlo Mancini
ScenografiaFranco Ceraolo
CostumiElisabetta Montaldo
Interpreti e personaggi

[[Categoria:Film italiani del 2000]]

«Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!»

I cento passi è un film del 2000 diretto da Marco Tullio Giordana[2] dedicato alla vita e all'omicidio di Peppino Impastato, impegnato nella lotta alla mafia nella sua terra, la Sicilia.

Titolo

Il titolo prende il nome dal numero di passi che occorre fare a Cinisi, per colmare la distanza tra la casa della famiglia Impastato e quella del boss mafioso Gaetano Badalamenti.

Trama

Il giovane Peppino Impastato vive cercando di sfuggire all'inesorabile legame con l'ambiente mafioso che il padre, Luigi Impastato, un po' per inerzia, un po' perché ha una famiglia da proteggere e due figli da crescere, non ha la forza di rompere. Anche di fronte alla vulnerabilità sua e della propria famiglia, Peppino, animato da uno spirito civico irrefrenabile, non esita, con l'involontaria complicità del fratello Giovanni, ad attaccare il boss Gaetano Badalamenti, "don Tano", e a denunciarne pubblicamente le malefatte.

Il percorso "controcorrente" di Peppino nasce quando, da bambino, vede scorrere davanti a sé gli albori della lotta politica contro la mafia e il potere a essa colluso, lotta a cui poi prenderà attivamente parte diventato prima adolescente e poi adulto. Dopo la morte violenta dello zio capomafia don Cesare Manzella, saltato in aria su un'Alfa Romeo Giulietta all'interno della quale era stato messo un ordigno esplosivo, l'incontro con il pittore comunista Stefano Venuti, il rifiuto del padre biologico e della famiglia intesa in senso mafioso e il formarsi con il pittore idealista, suo vero "padre etico", sono i punti di svolta della vita di Peppino, che lo segneranno per il resto della sua esistenza.

Successivamente il giovane Impastato scrive articoli, uno dei quali è intitolato con la frase «La mafia è una montagna di merda». Peppino apre poi Radio Aut, emittente dai microfoni della quale attacca e prende in giro la mafia, in particolare Badalamenti, e denuncia i suoi atti criminali. Candidatosi alle elezioni comunali per il partito Democrazia Proletaria, la sua frase «noi comunisti perdiamo perché ci piace perdere», pronunciata durante un comizio, sembra quasi un preludio alla sua tragica morte, che giunge in un attentato a campagna elettorale ancora in corso, quando ormai è diventato troppo scomodo ai mafiosi e il padre, morto in un oscuro incidente, non lo può più proteggere da don Tano.

Critica

«Questo è un film sulla mafia, appartiene al genere. È anche un film sull'energia, sulla voglia di costruire, sull'immaginazione e la felicità di un gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo nell'illusione di cambiarlo. È un film sul conflitto familiare, sull'amore e la disillusione, sulla vergogna di appartenere allo stesso sangue. È un film su ciò che di buono i ragazzi del '68 sono riusciti a fare, sulle loro utopie, sul loro coraggio. Se oggi la Sicilia è cambiata e nessuno può fingere che la mafia non esista, ma questo non riguarda solo i siciliani, molto si deve all'esempio di persone come Peppino, alla loro fantasia, al loro dolore, alla loro allegra disobbedienza.[3]»

L'abitazione di Gaetano Badalamenti, a 100 passi da quella di Peppino

Peppino Impastato venne ucciso nel 1978, nello stesso giorno del delitto Moro. Messe in ombra dalla tragedia nazionale in atto in quei giorni, la sua storia e la sua tragica fine passarono praticamente inosservate e restarono ignote alla massa per più di vent'anni, sino all'uscita del film.

La critica cinematografica ha notato come questo film di Giordana, con la scena finale dei pugni alzati nel saluto comunista e le bandiere rosse sventolanti, «... potrebbe sembrare un film di propaganda. In realtà è un film di impegno civile (che non si vergogna di citare il Rosi di Le mani sulla città) che si assume il compito di ricordarci che la lotta a quel complesso fenomeno che passa sotto il nome di mafia non appartiene a una "parte".»[4]

Un impegno civile ribadito quasi unanimemente da tutta la critica: «Molto impegno civile. Come, del resto, in altri film di Giordana».[5]

Forse il film «... fa ricorso ad eccessive vicende di contorno e a vari personaggi di secondo piano. Quando però si tratta di seguire da vicino il personaggio centrale, i suoi rapporti in famiglia e i suoi scontri con i mafiosi, allora il racconto si fa teso, scattante, addirittura aggressivo e la regia nervosa di Giordana ha modo di vibrare e di far vibrare di giusta indignazione.» (Gian Luigi Rondi, ibidem)

Altresì viene riconosciuto come elemento essenziale del successo del film l'interpretazione di «una squadra di attori di sorprendente bravura guidati senza sbavature da Giordana»[6] tra cui si distingue quella di Luigi Lo Cascio, alla sua prima prova e già premiato con un David di Donatello.

Anche per il regista Marco Tullio Giordana questo film rappresenta una sorta di consacrazione che gli permetterà di continuare quel percorso a lui caro, di rivisitazione della vita del Paese negli "anni bui", attraverso le esperienze di personaggi storici o di fantasia (si pensi a La meglio gioventù del 2003), nel solco tracciato, tra gli altri, da Francesco Rosi, Elio Petri e Ettore Scola.

Tipiche di questa sua narrazione sono le citazioni musicali o il richiamo ad avvenimenti che avendo segnato la loro epoca (il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro in questo caso) ci fanno immergere pienamente nell'atmosfera e vivere o rivivere i sentimenti o le angosce di quegli anni. Alcuni osservatori hanno tuttavia riscontrato degli anacronismi tecnici.[7]

Alcuni critici hanno parlato di "didascalismo" del regista ma ciò non toglie che

«Si capisce che il film sia stato accolto con lunghi applausi dalla stampa. Ma Giordana, che cita Le mani sulla città di Rosi e abbonda in canzoni d'epoca, evita ogni retorica concentrandosi giustamente sulla dimensione famigliare. Il padre che non capisce e non può capire la ribellione del figlio, che vola in America per cercare una via d'uscita; la madre che lo difende in segreto; gli "zii" mafiosi che da bambino lo tenevano sulle ginocchia e oggi lo blandiscono e minacciano insieme. Per un'assurda coincidenza, alla sua morte Impastato non fece notizia. Chissà che questo film non entri nella leggenda.[8]»

Colonna sonora

La colonna sonora ufficiale è composta dai brani The House of The Rising Sun degli Animals, A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum e Summertime di George Gershwin, eseguita da Janis Joplin. Quest'ultima ha inizio nel momento in cui Peppino si trova a bordo della sua auto bianca, pochi istanti prima dell'attentato. Sono tredici le canzoni che accompagnano il film:

  1. Giovanni SollimaAria di Aquilarco
  2. Giovanni Sollima – Lamentu
  3. Arvo PärtSilouan's Song
  4. John WilliamsAeolian Suite for Guitar and Small Orchestra
  5. Gustav MahlerSinfonia n°2 in do minore
  6. Quintette du Hot Club de FranceMinor Swing
  7. Domenico ModugnoNel blu dipinto di blu
  8. SweetBallroom Blitz
  9. The AnimalsThe House of the Rising Sun
  10. Leonard CohenSuzanne
  11. India/Traditional – Morning Praise
  12. Big Brother and the Holding CompanySummertime
  13. Procol HarumA Whiter Shade of Pale

Riconoscimenti

Citazioni

Ispirate dal film e dedicate a Peppino Impastato sono le canzoni intitolate I cento passi dei Modena City Ramblers, pubblicata nell'album ¡Viva la vida, muera la muerte! del 2004 e Centopassi cantata da Pippo Pollina. Il titolo del film ha dato il nome all'azienda vinicola Centopassi, costituita in provincia di Palermo da due cooperative del progetto Libera Terra che gestiscono beni confiscati a boss di Cosa nostra.

Note

  1. ^ Claudio Fava, Marco Tullio Giordana e Monica Zappelli, I cento passi, Feltrinelli, 2001, p. 58, ISBN 88-07-81650-4.
  2. ^ Al film ha collaborato come aiuto regista Pierfrancesco Diliberto in seguito divenuto noto come Pif; Pierfrancesco Diliberto "Pif": “Io, ex Iena malato di timidezza”, su Repubblica.it, 3 marzo 2017. URL consultato il 27 settembre 2017.
  3. ^ Marco Tullio Giordana dalle Note di regia in Cinematografo 2007
  4. ^ In sito "Mymovies"
  5. ^ Gian Luigi Rondi, 'Il tempo', 1º settembre 2000
  6. ^ Irene Bignardi, la Repubblica, 1º settembre 2000
  7. ^ Eccone una serie:
    • quando il padre di Peppino osserva gli aerei all'aeroporto la telecamera inquadra un MD-11 dell'Alitalia. Il film si svolge negli anni '70, e quel tipo di aereo è stato messo in commercio solo nel 1990;
    • su un pilone stradale si vedono dei graffiti in stile Hip Hop, decisamente fuori luogo negli anni '70;
    • in alcune scene si notano degli oggetti e dei simboli che negli anni '70 non esistevano.
  8. ^ Fabio Ferzetti, in Il Messaggero, settembre 2000

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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