Cocktail Party

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Cocktail Party
Dramma in tre atti
AutoreT. S. Eliot
Titolo originaleThe Cocktail Party
Lingua originale
AmbientazioneLondra, nell'appartamento dei Chamberlayne
Composto nel1949
Prima assoluta22 agosto 1949
Lyceum Theatre, Edimburgo
Prima rappresentazione italiana12 dicembre 1950
Teatro Odeon, Milano
PremiTony Award 1950 per miglior dramma
Outer Critics Circle Awards 1950 per miglior dramma
New York Drama Critics' Circle Award 1950 come miglior dramma straniero
Personaggi
  • Edward Chamberlayne
  • Lavinia Chamberlayne
  • Peter Quilpe
  • Celia Coplestone
  • Julia Shuttlethwaite
  • Alexander MacColgie Gibbs
  • L'ospite non identificato, più tardi conosciuto come Sir Henry Harcourt Reilly
  • Un'infermiera
  • L'uomo del catering
 

Cocktail Party (The Cocktail Party) è un dramma in tre atti del 1949, composto dal drammaturgo e poeta statunitense (poi naturalizzato britannico) T. S. Eliot. Il titolo con cui l'opera era stata precedentemente pensata era The One-Eyed Riley, in riferimento ad una canzone popolare citata all'interno dell'opera stessa che ha questo titolo.

Il dramma venne composto per essere rappresentato al Festival di Edimburgo del 1949, anno in cui Eliot era già stato naturalizzato suddito britannico. Scritto nella forma metrica del blank verse, è caratterizzato da una accurata selezione di vocaboli in funzione della loro musicalità, accento, ma disposti in modo da risultare, all'ascolto, in una forma prosastica vicina alla lingua parlata.[1]

L'opera si divide in tre atti, di cui solo il primo diviso in tre scene; la divisione temporale degli atti stessi è debitrice del romanzo più che della drammaturgia in senso stretto: mentre tra le tre scene del primo atto passano poche ore, divise in due giorni, il secondo atto è ambientato poche settimane dopo gli accadimenti del primo mentre il terzo due anni dopo.

Per l'argomento trattato, ossia il martirio e il sacrificio personale, è considerato debitore dell'Alcesti di Euripide.

La scena è a Londra, in un appartamento di una coppia inglese (Edward e Lavinia Chamberlayne) nel mezzo di un cocktail party dove sono presenti diversi personaggi familiari, a eccezione di un ospite che nessuno conosce.

Lavinia ha organizzato il party, fuggendo tuttavia di casa, lasciando solo poche righe di commiato al marito: ormai il party è in atto ed Edward deve gestire la situazione, riuscendo a portarlo a termine mentendo agli ospiti sull'assenza di Lavinia. Una volta rimasto solo con l'ospite sconosciuto, gli rivelerà di essere stato lasciato dopo dieci anni di matrimonio.

Con grande sorpresa, lo sconosciuto si offre di riportare Lavinia a casa entro il giorno dopo, a patto che Edward non le chieda dove è stata. Edward accetta e, desideroso di riavere la moglie, si rende gelido con la sua amante, Celia Coplestone, che lo lascia a sua volta dopo aver capito che la loro relazione non ha storia.

Lavinia torna a casa, ma sembra affetta da amnesia. Quando i due restano soli, però, inizia un litigio dove si rinfacciano le crepe della loro relazione. In realtà Lavinia ha plagiato il marito che, persa Celia, si ritrova solo e intrappolato in una situazione di svantaggio. Edward decide così di farsi curare dallo psicologo Sir Henry Harcourt Reilly, che si rivela essere l'ospite sconosciuto del suo party. Edward gli confessa di detestare la moglie ma ammette di essere dipendente da lei, proprio perché la donna lo ha privato della libertà. Reilly gli suggerisce di comparare la sua patologia con quella di un altro paziente, per trovare una possibile cura: Edward accetta ma l'altro paziente è Lavinia, che confessa di essere mancata da casa a causa di un ricovero dovuto ad un collasso nervoso. Motivazione, l'essere stata lasciata dall'amante e amico di famiglia Peter Quilpe, poiché quest'ultimo si è innamorato di un'altra donna, che si scopre essere proprio Celia. I coniugi si confessano le proprie infedeltà e constatano come i rispettivi amanti li abbiano traditi intrecciando tra loro una relazione. Reilly emette la sentenza: Edward è incapace di amare e Lavinia non sa essere amata. Proprio per questo motivo sconsiglia loro di avere relazioni extra-coniugali, perché destinate a fallire: non resta loro che tornare assieme cercando di curare le reciproche carenze.

Anche Celia è paziente di Reilly: nel corso di una seduta gli racconta di aver amato un uomo in cui ha visto qualcosa che in realtà non esisteva. È anche disperata dall'assenza di Peter Quilpe: l'uomo, convinto che Celia non lo ami più, è tornato nella natia California sotto consiglio dell'amico Edward, che ovviamente ignorava la sua relazione con la moglie Lavinia. Reilly nota la vocazione di Celia al sacrificio e le consiglia di vivere una vita senza trasgressioni, oppure di farsi ricoverare in una clinica anomala per placare i suoi sensi di remissione. Celia accetta la seconda opzione.

Due anni dopo gli ospiti si ritrovano in casa Chamberlayne per l'ennesimo cocktail party: Peter Quilpe, tornato dalle Indie dove stava girando un film, chiede di Celia. Ma gli ospiti sono costretti a rivelargli che la ragazza, ricoverata in un'isola sperduta in una clinica particolare, è stata uccisa dai cannibali che, afflitti da una pestilenza, la scelgono come vittima sacrificale. La scena si chiude con il ritorno alla normalità sociale apparente di Edward e Lavinia.

La prima rappresentazione

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Il Lyceum Theatre di Edimburgo, dove avvenne la prima rappresentazione del dramma

La prima messa in scena del dramma, che avvenne al Festival di Edimburgo dal 22 al 27 agosto 1949, comprendeva il seguente cast[2]:

I produttori erano Gilbert Miller ed Henry Sherek. La regia era affidata a E. Martin Browne, già sensibile traduttore scenico dei lavori di Eliot e dei mystery plays del ciclo di York. La scena era stata concepita come "una piacevole casa Vittoriana con una calda atmosfera"[3], con tutti gli oggetti scenici in linea con l'ambientazione: stile classico, un telefono bianco, l'unica nota di colore era costituita da un quadro della pittrice Marie Laurencin. Anthony Holland era lo scenografo. La costumista Pamela Sherek, moglie di uno dei produttori, disegnò i costumi seguendo attentamente gli ultimi dettami della moda del ricco West End londinese, per armonizzare la ricchezza del set con i personaggi contemporanei.[4] Tra il pubblico, presenziava anche il poeta italiano Eugenio Montale.

La critica, che attendeva impaziente un nuovo lavoro di eliotiano, reagì in maniera positiva, nonostante alcune voci nel coro stroncarono senza pietà la pièce, giudicandola noiosa.[5]

Lo spettacolo si spostò successivamente a Brighton, al Royal Theatre, ed il 19 dicembre 1949 avvenne la prima cittadina; qui venne replicato per due settimane, mantenendo inalterato il cast.

La versione di Broadway

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I produttori Miller e Sherek decisero di portare lo spettacolo a Broadway: nonostante l'ottima accoglienza della critica britannica, pensarono che i palcoscenici statunitense avrebbe riservato maggior calore al The Cocktail Party.

Il cast subì due significativi cambiamenti: i ruoli di Lavinia Chamberlayne e Peter Quilpe furono affidati rispettivamente da Ursula Jeans e Donald Houston a Eileen Peel e Grey Blake. Un'altra variazione del cast avvenne nel ruolo della segretaria, passato ad Avril Conquest.

La prima avvenne il 21 gennaio 1950 all'Henry Miller Theatre di Broadway, con un parterre in cui figuravano la famosa attrice Ethel Barrymore ed il duca e la duchessa di Windsor. Fu un successo: si replicò per 409 volte, tanto che le rappresentazioni terminarono il 13 gennaio dell'anno successivo.[6] Lo spettacolo fu premiato con il Tony Award e l'Outer Critics Circle Awards come miglior spettacolo, ed il New York Drama Critics' Circle Award come miglior spettacolo straniero.[7]

Le versioni italiane

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Anna Maria Guarnieri e Sergio Fantoni (1963)

In Italia, la prima messa in scena, 12 dicembre 1950, si deve alla regia di Mario Ferrero[8], già regista teatrale delle opere di Eliot. Lo spettacolo debuttò al Teatro Odeon di Milano[9] e poi ripreso, il 26 settembre 1951, al Teatro Eliseo di Roma[10], interpretato da Eva Magni, Renzo Ricci, Lia Zoppelli, Mercedes Brignone, Tino Bianchi, Fernando Caiati, Gianni Galavotti e Delia Bartolucci. La compagnia teatrale era quella di Renzo Ricci, le scene erano state realizzate da John Ralph Moore[11].

Il 17 aprile 1953 la Rai ha trasmesso una versione radiofonica, diretta da Enzo Ferrieri, e interpretata da Tino Bianchi, Mercedes Brignone, Raoul Grassilli, Enrica Corti, Diego Michelotti, Memo Benassi, Paola Gandolfi, Adelaide Bossi, Peppino Mazzullo[12].

In data 8 e 9 aprile 1963 la Rai ha trasmesso, suddivisa in due parti, la versione televisiva, diretta da Mario Ferrero, e interpretata da Giuseppe Pagliarini, Mercedes Brignone, Antonio Venturi, Anna Maria Guarnieri, Renzo Ricci, Sergio Fantoni, Valentina Fortunato, Varo Soleri, Franco Odoardi, Elvira Cortese; scene di Lucio Lucentini[13].

Il 1º febbraio 1969 Cocktail Party venne portato a Roma, sul palcoscenico del Teatro Valle, con un cast che vedeva la presenza di Nando Gazzolo, Massimo Foschi, Ileana Ghione, Gianni Santuccio, Bianca Maria Fabbri, Carlo Reali. Le scene ed i costumi erano a cura di Lucio Lucentini, le musiche composte da Roman Vlad[14].

Sempre Mario Ferrero sarà il regista della trasposizione televisiva del dramma[15], trasmesso dalla rete nazionale il 3 e 4 aprile 1969: la traduzione era a cura di Salvatore Rosati, le scene ed i costumi sempre a cura di Lucio Lucentini. I nomi dei personaggi vennero italianizzati, al punto di cambiare totalmente alcuni di essi. Il cast artistico era composto in buona parte dagli artisti della ripresa capitolina di due mesi prima:

  1. ^ Il testo era stato concepito grazie a consigli dell'amico ed allora coinquilino John Davy Hayward, di professione critico ed editore
  2. ^ Thomas Stearns Eliot. The Cocktail party. Harvest Books, New York, 1950 ISBN 0-15-618289-0
  3. ^ Randy Malamud, T.S. Eliot's Drama: A Research and Production Sourcebook, Greenwood Press, Westport, Connecticut – Londra 1992, pag. 115.
  4. ^ I costumi vennero descritti ed elogiati dalla giornalista Mary Carson nell'edizione del "Glasgow Herald" del 31 agosto 1949.
  5. ^ Le cronache della prima rappresentazione sono contenute in Michael Grant, T.S. Eliot: The Critical Heritage, II voll., Routledge, Londra - New York 1997, p. 591 e segg., e in Randy Malamud, T.S. Eliot's Drama: A Research and Production Sourcebook, Greenwood Press, Westport, CT 1992, p. 120 e segg.
  6. ^ *(EN) Scheda su The Cocktail Party, su Internet Broadway Database, The Broadway League.
  7. ^ on line Tratto da una recensione Archiviato il 19 aprile 2013 in Archive.is. del "Time" datata 30 gennaio 1950, senza firma. Tra le altre cose vi si elogia l'interpretazione, dominante sulle altre, di Alec Guinness.
  8. ^ Marco Andreoli, Roma piena di topi, in “Ubu Settete”, n. 0 febbraio 2003. Dello stesso autore, la notizia è riportata anche in Roma. Gli angoli della drammaturgia abusiva, in “Matità”, n. 2 maggio 2003.
  9. ^ "Il Dramma", n. 123-124, 1 gennaio 1951, pp. 122-123
  10. ^ "Il Dramma", n. 143, 15 ottobre 1951, p. 57
  11. ^ Al Burcardo di Roma sono conservati 7 scatti del fotografo di scena, Gastone Bosio, che si riferiscono a questa rappresentazione.
  12. ^ Esiste un'audiocassetta, al Burcardo di Roma, contenente una registrazione dello spettacolo. Radio Televisione Italiana1990-1991, Audiocassetta 14, lato B.
  13. ^ Radiocorriere TV, n. 15, 1963, pp. 10-11, 28-29, 33
  14. ^ Il Centro Studi e Documentazione del Teatro di Roma conserva una serie di scatti della rappresentazione. Nel cast artistico, la Fabbri risulta erroneamente con il nome di Maria. Per accedere al sito è necessaria la registrazione.
  15. ^ Archivio personale Ileana Ghione, sez. Lavori Televisivi – Prosa, n. 25-26. La scheda tecnica, con altre, è disponibile in formato pdf

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